di Giovanni Cafiero
Con la Dichiarazione di Toledo del 22 giugno 2010 i Ministri responsabili dello sviluppo urbano degli Stati membri dell'Unione Europea indicarono nella "Rigenerazione urbana integrata" la principale linea di intervento per raggiungere uno sviluppo urbano più intelligente, sostenibile e inclusivo. Esso era già parte sostanziale della "Strategia Europa 2020", approvata dal Consiglio di Primavera dello stesso anno, e leva essenziale per perseguire la "Strategia per lo sviluppo sostenibile dell'Unione Europea" adottata dal Consiglio Europeo fin dal 2006.
La Dichiarazione di Toledo è stata sottoscritta dai Ministri europei responsabili per lo sviluppo urbano alla presenza del Commissario europeo per la Politica Regionale, di rappresentati del Parlamento Europeo (PE), del Comitato delle Regioni (CDR), del Comitato economico e sociale europeo (CESE), della Banca Europea degli Investimenti (BEI), dell'Agenzia Europea dell'Ambiente, dei rappresentanti dei tre paesi candidati all'adesione all'Unione europea, più Norvegia e Svizzera, e vari osservatori di diverse organizzazioni legate allo sviluppo urbano.
L'assunzione della Rigenerazione urbana quale essenziale paradigma di riferimento per la strategia europea di sviluppo sostenibile è conseguente alla perdurante consapevolezza della centralità delle politiche urbane, non solo per il peso demografico delle città, ma anche per il loro indiscusso ruolo di catalizzatori e motori delle sviluppo, per le nuove sfide economiche e civili, dell'innovazione, dell'ambiente e dell'inclusione sociale che l'Europa deve affrontare, ma segna, allo stesso tempo una svolta significativa che può valorizzare l'apporto dei paesi mediterranei per una nuova leadership europea.
Il termine "rigenerazione urbana", infatti, presuppone e comporta un operazione di riqualificazione e rivitalizzazione della città esistente, che trova, per questo, un elevata convergenza culturale con i paradigmi delle città mediterranee, fortemente caratterizzate da processi di stratificazione piuttosto che da processi di sostituzione del tessuto edilizio e sociale. È una linea di lavoro particolarmente interessante per l'Italia anche per rafforzare il suo potenziale di leadership in area mediterranea.
Il terreno comune tracciato dalla Dichiarazione di Toledo, rappresenta un punto di partenza, da declinare e interpretare alla luce dei paradigmi della cultura mediterranea, guardando al contributo che l'Italia può dare alla costruzione europea, ma anche alle nuove frontiere che l'Italia può aprire verso paesi che non si possono riconoscere in impostazioni a connotazione marcatamente nord-europea.
I principali assi strategici esplicitati dalla Dichiarazione di Toledo comprendono: la riduzione delle esigenze di trasporto e la promozione di una mobilità ambientalmente più sostenibile alla scala urbana, metropolitana e interurbana; il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici esistenti; il miglioramento del "metabolismo urbano" , ivi compresa la gestione dell'intero ciclo urbano delle acque e dei rifiuti; la diffusione dell'utilizzo di energie rinnovabili; il riuso dei terreni già artificializzati come strategia per combattere il consumo di suolo e combattere la dispersione insediativa (sprawl); la protezione della natura, del paesaggio e il rafforzamento della rete urbana e periurbana di aree verdi e agricole e il regreening di aree urbane.
Oltre ad essere un potenziale formidabile driver per lo sviluppo economico e la ripresa dell'occupazione, la Rigenerazione urbana, rappresenta anche un campo di prova e sperimentazione sulla strada di quel rinnovamento delle istituzioni e della pubblica amministrazione, da groviglio di apparati costosi e scarsamente produttivi che costituiscono terreno di cultura di potentati, visibili o occulti, a servizio utile a soddisfare, tenendo conto dell'importanza decisiva del fattore tempo, i bisogni della società e a facilitarne lo sviluppo economico e civile. Senza questo rinnovamento, la sostenibilità dello sviluppo - nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale - appare una prospettiva difficilmente raggiungibile. Troppo pesante è il fardello, diretto e indiretto, costituito da un sistema pubblico oneroso e poco funzionale, troppo spesso inadeguato a rapportarsi utilmente con la società.
Gli interventi di Rigenerazione Urbana richiedono infatti, sia il coinvolgimento del sistema istituzionale, e quindi il coordinamento delle politiche e dei programmi, l'azione diretta, tempestiva ed efficiente degli enti locali, la qualità ed efficacia delle norme di riferimento generale, così come delle regole urbanistiche specifiche, sia la partecipazione attiva del tessuto economico e sociale, con l'apporto qualificato delle imprese della filiera della riqualificazione urbana e dei settori della green economy e l'apporto creativo e qualificante delle comunità locali e del "terzo settore". In questo senso la Rigenerazione urbana rappresenta un indicatore rilevante della capacità di rinnovamento verso un modello di economia e società realmente sostenibili e inclusive.
Sul fronte istituzionale l'azione di coordinamento e programmazione non deve limitarsi alla destinazione dei fondi e all'allineamento delle normative per l'attuazione delle opere. Un salto di qualità si avrà quando l'intervento di rigenerazione riuscirà anche a garantire un adeguato coordinamento tra programmi specifici di riqualificazione urbana e azioni specifiche di tipo sistemico, quali interventi di incentivo fiscale e contributivo per la nascita e sviluppo di nuove imprese, in grado di rendere durevole, al di là della fase di cantiere, e socialmente pervasivo, oltre le facciate degli edifici e l'arredo degli spazi pubblici, l'effetto di rigenerazione, ambientale, economica e sociale delle nostre città. Un salto di qualità di questa natura potrà facilitare la nascita e l'insediamento di nuove imprese in grado di dare prospettive alle ampie fasce di popolazione finora escluse o vissute ai margini del mondo del lavoro e potrà dare concretezza alla concezione della "coesione come sviluppo" e alla pressante esigenza di elaborare strumenti e politiche che creino buona occupazione e non occupazione sussidiata, e che sostengano i territori più deboli per aiutarli a promuovere uno sviluppo capace di reggersi sulle proprie gambe e non uno sviluppo senza autonomia.
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