Politiche per le aree verdi periurbane e metropolitane
26 Giugno 2013Strategie di rigenerazione per i centri storici: il regreening urbano
19 Giugno 2017Green economy: capitale sociale e inclusione
Maggio 2017
Nell’ambito del nuovo patto stretto per affrontare in modo congiunto la crisi economica e quella ecologica-climatica, contenuto nel Rapporto “Global Green New Deal” del Programma della Green Economy lanciato dall’UNEP[1] nel 2008, si delineano alcuni principi fondamentali sui quali fondare politiche, azioni e interventi comuni, tra i quali: sostenibilità, equità, qualità della vita, rispetto dei limiti posti dalla natura, inclusione e partecipazione, responsabilità, resilienza, efficienza e rinnovabilità, solidarietà verso le future generazioni.
All’interno della V Edizione degli Stati Generali della Green Economy si è deciso di dedicare un tavolo di lavoro alla costruzione di un “Manifesto per l’architettura e l’urbanistica”. Il testo “Architettura, città e territorio verso la Green Economy”[2]esprime con pienezza sia la complessità del dibattito, animato da ricercatori e professionisti, che la ricchezza delle tematiche in campo.
Giovanni Cafiero ha rappresentato la Telos s.r.l. nel gruppo di lavoro con Roberto Bologna, Alessandro Rogora e Mauro Annunziato sul tema “Salvaguardare il capitale sociale e incentivare i processi di inclusione. Risposta alle emergenze sociali, promozione del benessere abitativo e della partecipazione”[3]. Ha dunque contribuito alla pubblicazione del volume “Architettura, città e territorio verso la Green Economy”e partecipato alla presentazione del Manifesto della Green Economy nel Meeting di Primavera “LA CITTÀ FUTURA”[4].
L’articolo “Salvaguardare il capitale sociale e incentivare i processi di inclusione” ha il compito di affrontare il tema dell’inclusione sociale. Come anticipato da Ronchi nell’introduzione al volume, questo tema si pone come una questione necessaria e urgente per diversi motivi. Infatti egli specifica che “le nostre città devono diventare più inclusive”, ovvero devono farsi in qualche modo carico delle sfide e degli effetti che modelli economici ci presentano, facendo leva su una nuova alleanza con le risorse sociali presenti sui territori, all’interno del rinnovato e più proficuo legame tra istituzioni e società.
L’articolo esplicita come non solo la precarizzazione delle forme lavorative e degli stili di vita, ma anche i rischi ambientali e le crisi sociali prodotte da guerre e povertà hanno innescato nuovi flussi migratori, sia economici che umanitari. Si precisa inoltre che “la crescita e lo sviluppo dei paesi, delle città e dei territori che devono fare in conti con il fenomeno di people displacement e di una società fortemente differenziata rappresentano una nuova sfida”. Per questo si indica come sia importante che l’architettura e l’urbanistica tornino a svolgere il loro “ruolo originario di rispondere alle reali esigenze primarie delle persone” e che si rigenerino “nella ricerca dell’utile sociale” per ricondurre i propri servizi di pensiero, progettazione e attuazione “alla maggior parte delle popolazione mondiale che per motivi economici ne è sempre rimasta esclusa”.
In questo senso, prosegue l’articolo, vanno accolte le istanze dell’abitare di fasce sempre più importanti di popolazione, anche migrante, per non proseguire nelle disfunzioni di modelli economici che hanno prodotto disuguaglianza, ghettizzazione, emarginazione. In questo senso rafforzare il capitale sociale e la coesione, la partecipazione e i processi decisionali condivisi assicurerebbe quella integrazione sociale distante dalla “rinuncia alla propria identità culturale e delle proprie tradizioni, ma piuttosto garanzia di pari opportunità di accesso alla risorse”. Si chiarisce dunque che “è più profondo il compito che il moderno paradigma delle smart cities deve assolvere – tendere verso città più intelligenti, ma anche più inclusive” e che è necessario riattivare il senso di comunità, anche investendo maggiormente nella costruzione di habitat urbani adatti alla socializzazione e alla condivisione, come spazi comuni e luoghi di aggregazione arredati adeguatamente. In questo modo si favorirebbero, sia nel centro città che nelle periferie, il benessere fruitivo e la socialità.
I contesti che sono maggiormente considerati sono di certo quelli urbani, assai degradati dal punto di vista qualitativo e ambientale, ma anche“motori dell’economia, come luoghi di connessione, di creatività e innovazione, di servizi per le aree circostanti”. Sono inoltre i luoghi in cui è possibile controllare gli impatti ambientali, il consumo delle risorse, e dove si connettono ambiente, pianificazione urbana, processi di governance.
Il Manifesto, per natura, sintetizza in pochi punti la ricchezza dei contributi condivisi per la sua costruzione. Ha il merito di porre, con la forza della semplicità appunto, argomentazioni importanti a cui aderire e che individuano la Green Economy come la premessa necessaria e scelta di fondo per impostare ogni discorso sull’architettura e l’urbanistica nelle città. Le sfide ecologiche e climatiche diventano dunque occasioni di rilancio e riqualificazione delle città.
[1]United Nations Environment Programme
[2]Antonini E., Tucci F. (a cura di), marzo 2017, “Architettura, città e territorio verso la Green Economy. La costruzione di un manifesto della Green Economy per l’architettura e la città del futuro”, Edizioni Ambiente, Milano.
[3]Roberto Bologna, Alessandro Rogora, Giovanni Cafiero, con Mauro Annunziato, “SALVAGUARDARE IL CAPITALE SOCIALE E INCENTIVARE I PROCESSI DI INCLUSIONE. Risposta alle emergenze sociali, promozione del benessere abitativo e della partecipazione” in Antonini E., Tucci F. (a cura di), marzo 2017, “Architettura, città e territorio verso la Green Economy”, Edizioni Ambiente, Milano.
[4]Meeting di Primavera “LA CITTÀ FUTURA”. Presentazione del Manifesto della Green Economy per l’Architettura e l’Urbanistica. Verso gli Stati Generali della Green Economy 2017.5 Aprile 2017 – Casa dell’Architettura, Piazza Manfredo Fanti n.47 – Roma